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IL GLADIATORE - EXTENDED EDITION 2 DISCHI CON STEELBOOK
IL GLADIATORE - EXTENDED EDITION 2 DISCHI CON STEELBOOK
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Germania, 180 d.C.. Il generale Massimo Decimo Meridio[2] guida l'esercito romano alla vittoria durante la guerra contro i Marcomanni, guadagnandosi la stima dell'anziano imperatore Marco Aurelio. Questi, gravemente malato, designa Massimo come proprio successore al posto del figlio naturale Commodo, vedendo nel generale una guida più affidabile e sicura; Marco Aurelio intende affidare a Massimo il compito di ripristinare la Repubblica restituendo il potere al Senato, ovvero al popolo romano, come avveniva prima dell'avvento dell'età imperiale.
Inizialmente riluttante, Massimo chiede del tempo per riflettere; si ritira quindi nella sua tenda a pregare gli dei, affinché lo aiutino a decidere e proteggano la sua famiglia, composta da moglie e figlio che non vede da quasi tre anni e il cui ricordo è rappresentato da due statuette che porta sempre con sé.
Nel frattempo, Marco Aurelio comunica la propria decisione al figlio che era giunto da Roma insieme alla sorella Lucilla, la quale, vedova con un figlio, è innamorata di Massimo. Deluso e afflitto per la scelta del padre, Commodo lo uccide soffocandolo, per evitare che la sua decisione diventi pubblica, e diventare così imperatore. Massimo intuisce subito il gesto diabolico di Commodo, quindi rifiuta di sottomettersi a lui: il neo-imperatore ordina dunque a Quinto, prima amico di Massimo ed ufficiale nel suo esercito, ora capo della Guardia Pretoria, di giustiziare lo stesso Massimo e la sua famiglia.
Mentre Commodo viene incoronato imperatore, Massimo viene immobilizzato e condotto in mezzo alla foresta per essere giustiziato ma, fingendo di accettare il suo destino, afferra la spada del boia e uccide uno dopo l'altro tutti i pretoriani. Gravemente ferito a un braccio, si impossessa di due cavalli e inizia il lungo viaggio verso casa per salvare la famiglia, giungendo però troppo tardi: la moglie e il figlio sono già stati uccisi e crocifissi tra le rovine fumanti della loro villa. Massimo piange disperato i suoi cari defunti e poi si accascia, straziato dal dolore e sfinito dalla stanchezza.
Catturato da un mercante di schiavi, l’ormai ex generale viene venduto al liberto Proximo, un ex gladiatore divenuto lanista dopo essere stato liberato dalla schiavitù da Marco Aurelio e dopo aver ottenuto da questi il rudis, una spada di legno che simboleggia la libertà.
Portato in Africa, Massimo viene obbligato a combattere nell'arena, dando presto prova delle sue eccellenti qualità di guerriero e ottenendo popolarità tra gli spettatori e rispetto da parte degli altri combattenti; etichettato con il soprannome di Ispanico, per le sue origini, ed entrato a far parte della familia gladiatoria, stringe amicizia con il cacciatore numida Juba, portato via prigioniero dalla sua famiglia, e con il germano Hagen, che fino alla comparsa di Massimo era il più valoroso dei gladiatori di Proximo. Durante le pause tra uno spettacolo e l'altro, parlando delle rispettive famiglie e della vita che conducevano prima di divenire schiavi, Juba e Massimo si fanno coraggio a vicenda pensando, di fronte alla prospettiva della morte in combattimento, alla speranza di incontrare nuovamente i loro familiari nell'aldilà.
Intanto, per conquistarsi l'approvazione del popolo, Commodo ordina che si tengano a Roma dei giochi gladiatori, per una durata di 150 giorni, in memoria del padre, proprio colui che cinque anni prima ne aveva disposto l'interruzione; per tali giochi, vengono richiesti anche i gladiatori di Proximo. Prima di partire, il lanista spiega a Massimo che a Roma avrebbe potuto riottenere la libertà tramite il dono del rudis, conferito dallo stesso imperatore. Fiducioso di poter sfruttare la possibilità di essere così vicino a Commodo per potersi vendicare, Massimo decide di combattere ascoltando i consigli del vecchio gladiatore, fino ad allora ignorati, su come attirarsi il favore della folla, fattore essenziale nello spettacolo.
A Roma, ai gladiatori di Proximo viene fatta rievocare la battaglia di Zama della seconda guerra punica, rappresentando le truppe di Annibale schierate contro le legioni di Scipione l'Africano. Indossando una maschera che ne cela le sembianze, Massimo assume la guida dei gladiatori, li dispone a testuggine al centro dell'arena del Colosseo e riesce a farli trionfare in uno scontro in cui, nella realtà storica, avrebbero dovuto subire una sconfitta. Seppur perplesso, Commodo raggiunge i combattenti di Proximo per congratularsi e chiede al misterioso gladiatore di rivelare la sua identità: dopo molte insistenze, Massimo si toglie l'elmo e si rivela, con una sequenza divenuta celebre:
Mentre la folla chiede incessantemente la grazia per Massimo, urlando a gran voce il suo nome, l'amareggiato Commodo non può fare altro che sollevare la mano e protendere il pollice verso l'alto.
Dopo aver scoperto che Massimo è ancora vivo, Lucilla si incontra segretamente con lui in una delle celle in cui si trovano i gladiatori. Durante il loro colloquio, Massimo accusa con rabbia la donna di aver partecipato agli omicidi di sua moglie, di suo figlio e di Marco Aurelio; lei lo nega decisamente dicendo di essere, invece, terrorizzata da Commodo. Lucilla confida poi a Massimo di disporre di potenti alleati in Senato, anch'essi intenzionati a ribaltare il regime di Commodo e lo invita ad allearsi con loro: l'ex generale tuttavia, temendo ancora che Lucilla non sia del tutto sincera, rifiuta e le chiede di dimenticarlo, facendo terminare l'incontro bruscamente.
Il giorno dopo, Massimo deve fronteggiare Tigris delle Gallie, l'unico gladiatore rimasto sempre imbattuto e ritornato a combattere cinque anni dopo il suo ritiro. Nel combattimento vengono aggiunte delle tigri incatenate, fatte entrate da alcune botole presenti nell'arena, che balzano e si avventano contro Massimo. Nonostante le difficoltà, il protagonista le domina e mette in ginocchio Tigris, che cade a terra sconfitto; Commodo lo condanna a morte con il pollice verso, ma Massimo sfida deliberatamente l'ordine, rifiutandosi di ucciderlo e la folla lo acclama come "Massimo il misericordioso". Commodo allora lo raggiunge nell'arena e insulta la memoria dei suoi cari, cercando di farlo arrabbiare per combattere contro di lui, ma Massimo mantiene la calma e si allontana in silenzio, sottolineando ancora una volta la sua volontà di non riconoscere il figlio di Marco Aurelio come imperatore.
Mentre viene riaccompagnato alla scuola dei gladiatori, Massimo incontra il suo fedele servitore Cicero, il quale lo informa che il suo esercito, accampato a Ostia, gli è rimasto fedele. In seguito, Massimo riesce a incontrarsi nelle celle dei gladiatori con Lucilla e con il senatore Gracco, al quale chiede di farlo uscire da Roma per ricongiungersi col suo esercito ed entrare con esso in città per rovesciare Commodo; infine bacia Lucilla.
Sospettando il tradimento della sorella, Commodo minaccia di fare del male al figlio di lei, Lucio, costringendola a rivelare il complotto e intimandole di unirsi a lui carnalmente, cosa che però non avviene, dicendo di volere un figlio "puro" e degno di succedergli al trono. I pretoriani arrestano immediatamente Gracco e prendono d'assalto la caserma, combattendo contro i gladiatori di Proximo, mentre Massimo scappa. Hagen e Proximo vengono uccisi durante l'attacco, mentre Juba e i superstiti vengono imprigionati. Massimo fugge attraverso un condotto ed esce dalle mura della città, ma assiste impotente alla morte di Cicero, trafitto dalle frecce dei pretoriani, e viene catturato da alcuni di loro.
Incatenato nei sotterranei, Massimo riceve la visita di Commodo, che lo sfida a duello nell'arena; per essere certo della vittoria però, l’imperatore gli infligge a tradimento una stilettata e ordina a Quinto di nascondere la ferita. Condotto nell'arena insieme a Commodo, Massimo raccoglie la spada da terra e incomincia il duello, con i pretoriani disposti a cerchio attorno ai due combattenti. Dopo alcuni scambi di colpi, pur indebolito dalla ferita, Massimo riesce a disarmare Commodo, ma lascia cadere la propria spada, quasi dissanguato. Commodo chiede un'altra spada dapprima a Quinto, che però non acconsente capendo finalmente la natura malvagia dell'imperatore, e poi ai pretoriani che però, su ordine del loro comandante, non intervengono. Commodo estrae allora lo stiletto nascosto nella manica e si getta su Massimo, che contrattacca colpendolo con forti pugni. I due lottano avvinghiati per alcuni secondi, finché Massimo riesce a spingere indietro la mano di Commodo e ad affondargli lo stiletto nella gola: l'imperatore cade morto, in un Colosseo avvolto dal silenzio.
Al morente Massimo appaiono la sua casa e la sua famiglia, ma viene riportato momentaneamente alla realtà dalla voce di Quinto, che gli chiede indicazioni. Massimo chiede a Quinto di liberare Juba e gli altri gladiatori di Proximo sopravvissuti e di restituire alle sue mansioni il senatore Gracco, al quale chiede di restaurare il governo repubblicano, proprio come voleva Marco Aurelio. Dopo aver avuto l'assenso di Quinto, Massimo muore tra le braccia di Lucilla, inginocchiatasi accanto a lui, e il suo spirito si riunisce a quelli dei suoi cari che lo stanno aspettando nell'aldilà. Dopo avergli chiuso gli occhi, Lucilla ricorda a tutti come Massimo fosse un uomo buono e un soldato di Roma e come la sua memoria vada onorata. Il corpo di Massimo viene sollevato e portato fuori dal Colosseo per una sepoltura onorevole, seguito da tutto il popolo, mentre il cadavere di Commodo viene lasciato nell'arena.
Quella sera stessa, Juba ritorna libero nel Colosseo vuoto e seppellisce, nella sabbia intrisa del sangue dov'era caduto Massimo, le statuine della moglie e del figlio di quest'ultimo, pronunciando la frase:
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